domenica 22 febbraio 2009

Propositi

"So, so you think you can tell
Heaven from Hell
blue skies from pain
can you tell a green field
from a cold steel rail?
A smile from a veil?
Do you think you can tell?"


Si cammina a grandi passi in questi giorni. Per cui pensa velocemente senza per forza guardarti intorno e magari - magari! - cerca di parlare meno. Nessuno ha bisogno di troppi colori forti, le parole in eccesso diventano pesanti come segni di pastelli a cera. Quindi tienile per te.
Una volta che sei ben sveglia, vestiti in fretta ed esci, non serve a niente restare a indugiare sui sogni. Certe volte non si va per amore del vento, ma solo perché si hanno le scarpe, anche con piedi piccoli come i tuoi. Ché il futuro è uomo e non ha pazienza. Uomo come lo sguardo in cui ti tufferai, prima o poi, sentendoti annegare. Adesso no.

C’è un vasto deserto di rabbia che mi sento addosso, che vorrei prendere a calci come facevo anni fa col cuscino vecchio del divano. Non posso più mettere a tacere i rumori, né quelli degli altri quando fanno chiasso per nulla, né quelli della mia testa, ultimamente tanto affezionata ad un’idea. Così arriva sempre il punto in cui sono irritata abbastanza da mettermi in riga e rimproverarmi, e capisco a cosa sono servite le distese di terra arata in mezzo a cui passavo in bicicletta, il loro odore di polvere ed erba, quella silenziosa ed efficiente produttività. A farmi smettere con questa indulgenza ridicola verso me stessa, a farmi venire in faccia la concretezza spicciola delle cose. Muoversi, studiare, organizzare. Tanto non ci sei lo stesso.
Cos’è la bellezza. Non sono mai stata d’accordo con nessuno, non conosco regole uniformi, so solo che la vedo come qualcosa che brucia, scoppia, si sprigiona nel centro di qualche parte di te e che qualche volta, più o meno spesso, ti impregna come di un colore o di un odore inconfondibile. Che da lì irradia, arriva fino all'esterno, e la avverto sotto la pelle come avessi un’antenna segreta per sentirti. La bellezza è quando passi la mano sul tavolo e non pensi che ti stia guardando, quando vedi qualcosa che ti apre un universo intero. È persino la sera che saltavi di gioia e che non ci potevo fare niente, non ci posso fare niente. Chissà se ogni tanto ti è capitato di ripensarci, o se hai preso una scorciatoia in modo da dimenticartene. Come la vedo, la bellezza. Non è importante.

C’è freddo e domattina si cambiano le lenzuola. Ci si esercita nella pronuncia e si fa ordine tra le carte, si toglie la polvere dalla scrivania e magari - magari! - si cerca di parlare meno. Muoversi, studiare, organizzare. Tanto non ci sei lo stesso.


"How I wish, how I wish you were here
We're just two lost souls swimming in a fish bowl
year after year
running over the same old ground
what have we found?
The same old fears
... wish you were here"

domenica 1 febbraio 2009

Le strade di lei

Guardati mentre sorridi nel tuo maglione a righe, in uno dei pochi momenti in cui non ti fai giudice di te stessa. Guardati quelle volte che te ne freghi se stai alzando un po’ la voce o stai parlando di cose imbarazzanti: è allora che penso di averti capita. Ti vedo come in un dipinto, sei un’aggraziata farfalla indaco e rosso: fragile e veloce, sbatti le ali in un cielo confuso muovendoti sicura, appena più a destra una rosa schiusa. E tu libera. Ma un solo secondo più tardi nel mio cervello le distanze si ristabiliscono secondo la norma, misurate nello spazio lungo tra casa mia e casa tua, due ore e mezzo di treno.
Adesso sarei curiosa di sapere cosa fai e cosa hai in testa, mentre tento di concentrarmi nello studio, provando a dimenticare che in me è iniziato un piccolo disgelo. E penso invece a com’è strano aver scoperto solo adesso la rara capacità che hai di risvegliare l’entusiasmo, di farmi dire questa è la mia canzone preferita, senti!, di farmi sostituire subito una bugia comoda con la verità. Di offrire quell’ascolto pieno di cui è persino difficile capacitarsi, di farmi credere nel modo più sincero che tutti meritano il meglio, ma più degli altri tu. Che ti intimidisci per un complimento e ti ostini a vederti inadeguata, ma senti ogni cosa come se ti travolgesse, e raramente abbassi lo sguardo. Che non ti vergogni di quello che pensi. Che ritorni.
Mi hai dato il privilegio di sollevare un velo e mi hai guidata mentre ci passavo sotto la mano, perché potessi capire. Sai meglio di me che, anche se il più pesante, è solo il primo di un cumulo di veli opachi, posati uno sull’altro, pronti a ribellarsi a qualunque intruso.
Sono una sconosciuta e lo so. Ma vengo con le intenzioni migliori, ho tolto anelli e bracciali con cui avrei potuto graffiare quella che tu chiami una corazza. Non mi interessa avere fretta né ho date di scadenza; in compenso mi conosco bene, già intuisco che mi mancheresti.
Ho forse i pregi più ridicoli e i difetti più gravi, eppure non riuscirei ad accontentarmi delle parole di cortesia. Puoi dirmele, se vuoi, me le prenderò lo stesso: ma per ora lascia che mi culli in questo senso di protezione, nella rete azzurra di poter pensare che partiremo, usciremo, ci fideremo. Per quello che era un pomeriggio in un bar, che mi ha portato a prenderti le mani, che ti ha fatto intravedere uno spiraglio. Come suggerendo una strada possibile, di cui potresti stancarti presto... o che forse sceglierai di continuare, con santa pazienza e molto stupore. Una delle tante strade che hanno svincoli e bivi e sentieri laterali, ma di cui non si vede la fine. Stringi gli occhi, guarda lontano. Dove guardo anch'io.

"Per questo avrai baci per regalo ogni Natale
e vino allungato con l’acqua delle rose
Ti daranno amore, amore, amore
e non filo spinato…”


Ti voglio bene!