sabato 18 settembre 2010

Trenonotte

Quindi per colpa di una canzone siamo romantiche, stanotte. Siamo silenziose e sornione come i gatti, con gli occhi stretti al buio. Nessuno può indovinare attorno a cosa mi aggroviglio.
Ognuno si calma a modo suo, nei treni, soprattutto dalle dieci e mezza in poi. Le signore spesso attaccano bottone, quelle conversazioni che iniziano col viaggio in questione e finiscono con i racconti dell’infanzia, poi “sa, io ho imparato a prendere il treno a sessant’anni per andare a trovare mia figlia”. Gli studenti leggono, i bambini si sdraiano addosso alle mamme senza un pensiero al mondo, tengono a bada con fatica l’eccitazione e la noia di tante ore fermi. Io non sono originale, io dormo con le canzoni. So che finché qualcosa suona tutto va bene.
When you get what you want but not what you need, when you feel so tired but you can’t sleep, stuck in reverse... erano mesi che non avevo un momento per essere sola. Nessuno mi chiede niente qui, non la sentono questa musica. Mi lascio accelerare il respiro dai ricordi, come se si gonfiassero e si imponessero, da quello che avrei potuto fare meglio, dalle parole che ho troppo misurato per paura. Perché non so mai come scriverti per farti piacere, e per quelle offese ingoiate che ogni tanto si rifanno vive, per il sopportare. Tears stream down your face, when you lose something you cannot replace, tears stream... Basta resistere, basta dimostrare. C’è un sapore così inaspettato mentre mi lascio piangere, da chiedermi perché ho aspettato tanto, perché me ne faccio ogni volta una colpa. È senza dolore, scorre, finisce, mi riempie di pensieri troppo dolci per condividerli con i loro destinatari. È come rivedere la parte di me che avevo perso, ma da lontano. Come una foto.
Perché non ci si può concedere troppo romanticismo senza mettersi a rischio. La signora seduta di fronte non si è accorta di nulla. Allora decido di poggiare la testa e scivolare silenziosa nel sonno. Lights will guide you home, and ignite your bones...