giovedì 20 gennaio 2011

Sogno

Sogno che sprofondo in questo viaggio mio mentale
E tutto è nella notte, la notte tutta uguale
Sogno che sei un urlo di bambino intrappolato
Il gioco è cominciato...


I sassi, li vedo uno ad uno. Vedo i miei piedi camminare sformandosi su quel liscio polveroso, salato, e sento il freddo anche se è come stare dietro a una macchina fotografica. Non arrivo al bagnasciuga, mi fermo a metà. Mi siedo con calma, perché ho tempo questa volta, mi sono presa il tempo. Il mio primo pacchetto di sigarette, ne accendo una e mi sdraio su quei sassi come se avessi sempre voluto farlo, il giubbotto ammorbidisce il contatto, fumo e respiro, poche voci e tutto questo vento.
È un’insenatura dimenticata dalla gente, questa, perché è sgraziata: sta tra la fermata del quarantacinque e il ristorante La terrazza, sotto una traversa cortissima, a malapena c’è una scala per scendere. Ma è per questo che ci sono venuta, portandomi dietro il mio bagaglio intero di domande, i pianti inutili e i discorsi ripetitivi, tutto chiuso nella lana del maglione finché non mi stendo lì, dove nessuno mi viene a cercare. Scusa dio che sto fumando, guarda che grigio che è il mare quando non lo stiamo a vedere. Guarda le storie che nascono mentre sei distratto, gli amori senza immagine di copertina di chi si è tenuta ciò che provava fin quasi alla fine; di chi ogni tanto sta stretta nella sua vita fino a volersi male, ma se la fa passare. A me lasciami stare qui al riparo, che ho la schiena poggiata all’asciutto e non devo raggiungere il massimo per nessuno. Sono venuta per un addio, e per avere uno specchio. Sono venuta a espormi alla cura silenziosa che altre volte ho ricevuto, a fare le facce che mi pare e insultare, a chiedere perdono. Non sai niente di ciò che mi è successo, ma che importa? L’aria mi spazza il petto da tutto il peso, non c’era poi bisogno di tante parole.
Quando riapro gli occhi il viaggio è finito, devo buttarmi di nuovo nel traffico del mondo. Era inverno, ma mi ricordo quella spiaggia tra gli scogli, col sapore troppo forte del fumo in gola. E dire che per tornarci bastava fare un sogno.


Ci sarà qualcosa persa per la strada,
ci sarà qualcosa che ritorna,
e che ti fa partire ora


Genova, vengo fra poco.

giovedì 13 gennaio 2011

Buongiorno buonafortuna

Si sveglia la città al ritmo sul volante
in coda dietro a un tram e dalla radio il presidente
Buongiorno a te che sei nascosto nei pensieri
in piedi dalle sei di oggi o dalle sei di ieri
C'è un conto alla rovescia per ogni settimana
confuso tra gli odori della metropolitana
A chi si sente a terra oppure sulla luna...
buongiorno buonafortuna!


Anno nuovo! … spazzolino nuovo. Non c’è molto altro da registrare, né mi è mai piaciuto parlare di vita nuova quando al massimo quello che cambio è l’agenda. Per dirla meglio, lasciando perdere che il 31 dicembre mi è sempre stato sul cazzo, non stavo certo aspettando che finisse l’anno per impormi dei propositi o guardare ai miei errori. Cerco di non posticipare a nessuna scadenza futura decisioni che posso prendere immediatamente, e anche se in alcune cose so essere una maga della proroga, mi sono accorta che per altre davvero, davvero non serve aspettare. Non c’è niente che possa distrarre da un’assenza o attutire certi colpi, è solo un lavoro di pazienza e voglia di andare avanti. Movin’ on, in certi telefilm lo fanno continuamente, per finta o sul serio. Tocca che reciti per un po’, cancelli i messaggi prima di mandarli e i pensieri prima di formularli, e poi tutti gli sforzi finiscono col diventare spontanei, anche quello di ridere. Lo ritroverai più tardi, il gusto di fare le cose per te stessa. Quando torna la voce alta per cantare con la musica a tutto volume.
Non ho voglia di bilanci né intenzione di farne, ci sono conquiste di cui vado orgogliosa e scivolate che avrei potuto evitare, con grande sollievo mio e altrui. Tutto quello che so di me è ciò che uso per darmi addosso, perché è da pigri ed egoisti ostinarsi a non cambiare. Nonostante mi sforzi, in molte situazioni non ho ancora imparato a usare i guanti, ad avere rispetto di certi sentimenti, a lasciarne sfumare altri. Per questo, a volte mi copro di ridicolo, e altre di quella vergogna che non ha mai la lettera maiuscola. Se capita che sono stanca, fisso lo sguardo su un punto preciso, e tenendo la faccia immobile mi do un attimo di respiro. Poi mi risveglio, mi ricordo di dove eravamo rimasti. Allora questo gennaio in fondo è solo un giro di calendario: mi ricorda le cose che ho imparato, e dove non voglio più tornare. Tutto il resto è work in progress.

Mollati da due giorni, cretini per amore
col figlio a scuola e l'incubo del professore
formiche indaffarate, calcetto della sera
contenti che un inverno si trasformi in primavera.