venerdì 23 dicembre 2011

Apologia di Laura Pausini

Da tempo immemore faccio parte di quelli che “musica italiana sì, ma di un certo livello”. Una delle condizioni essenziali per selezionare la cosiddetta buona musica, naturalmente, sta nel prendere in giro senza tregua e senza pietà l’onnipresente Laura Pausini, emblema del pop italiano nel mondo, l’unica romagnola che sforna più hit radiofoniche che piadine.
Non lo nego, nel mio passato ho dei precedenti oscuri. Sono stata anch’io adolescente con l’innamorato impossibile, e mi sono fatta i miei bei pomeriggi al suono di quante notti perse a piangere rileggendo quelle lettere o incancellabile oramaaaaaai... Di conseguenza, ho una discreta cultura pausiniana, che a posteriori ho demolito con gran gusto per farmi due risate (memorabili le battute con Chiara, “Pausini, trasferisciti in Sudamerica o vai a stendere la sfoglia per la lasagna!”)
E tuttavia. Mi è capitato ultimamente di vedere qualche intervista, ascoltare nuove canzoni, riconsiderare il personaggio che la Laurona nazionale rappresenta. E mi vedo costretta a ammettere che mi piace. La Pausini è una che ammira un mare di gente - pur essendo lei quella col successo planetario - ed è amica di chiunque, si trucca in modo poco visibile e si mette pantaloni di pelle nera poco dopo essere ingrassata. Tra l’altro ingrassa perché, parole sue, “quando resto a casa per un periodo, MANGIO”, e se ne frega del gossip tanto se c’è da sapere qualcosa sul suo privato lo dice lei per prima. Sembra priva di invidie, la Pausini, rivendica di essere una terrona del nord e in tempo di crisi, anziché scegliere il pezzo d’amore di sicuro impatto, decide di uscire con la canzone più allegra dell’album. Insomma, una super famosa super tranquilla.
Come se non bastasse, questa donna è stata in grado di organizzare un concerto benefico da sessantamilapersone e piùdicentodonnecantanti, il tutto a San Siro, facendo cosa? Svegliandosi un giorno col pallino del girl power e ammazzando il suo computer di e-mail. Oltre a chiedersi quanto è lunga la mailing list di Laurona, la domanda che è rimasta sospesa nell’aria per tutto il concerto, attaccata a ogni mano tesa e nelle risate d’emozione di molte cantanti, è stata “come è possibile?”. È possibile se dietro c’è una persona priva di supponenza, che duetta con chiunque con la stessa gratitudine, che sembra stupita di ogni successo che ha, e non si fa problemi complicati di stile o di (im)possibilità. Ha chiesto, si è offerta in prima persona, le hanno risposto. Con una semplicità molto poco europea, verrebbe da dire.
Capiamoci, questa donna canta ascolta il tuo cuore, fai quel che dice anche se fa soffrire (versi degni di Fabio Volo) e si è macchiata di crimini imperdonabili, come rifare Spaccacuore di Samuele Bersani. Ergo, non inizierò a cantare l’ultimo singolo per strada né improvvisamente me ne andrò in giro per concerti pausiniani, a sgolarmi sulla solitudine o a dividermi tra lei e il mare... continuiamo ad essere su due strade musicali diverse. Apprezzo la sua notevole potenza vocale e il suo fare deliziosamente romagnolo, ne apprezzo la trasparenza così poco scontata, e persino gli ideali. La trovo il simbolo di un’Italia che è bello esportare, perché si dà poche arie e dice quello che pensa (un po’ come la Mannoia). Ma continuerò a sfotterla finché disco non ci separi.
Quindi Laura, “non vivo più, non sogno più”... ma NON CANTO PIU’ no eh?!