giovedì 16 aprile 2009

Stasera (-quale allegria-)

"Quale allegria
se ti ho cercato per una vita senza trovarti
senza nemmeno avere la soddisfazione di averti
per vederti andare via... quale allegria"


Ti ho salutato molte volte, più di quanto abbia mai fatto con chiunque altro. Molte volte ti ho visto andare via, mi sono girata e ho ripreso a camminare. Ho una vita piena, sai? Casa mia scoppia di film in compagnia e libri a cui dare il tempo, ha milioni di angoli comodi e pavimenti diversi. Ho imparato a portarmene dietro delle parti, per controllare la nostalgia, ora che ci ho fatto il callo andare e venire non è più ogni volta una separazione. Sono abituata a salutare.
Anche adesso, per quanto possa parlare e tirar fuori altri argomenti, per quanto ancora ci sia luce e sembri pomeriggio, so che devi salire le tue scale, allontanarti. Ma non è come è stato molte volte. Stasera ti vedo salutarmi, e con te mi voltano le spalle tutte le persone che se ne sono andate, tutte quelle che nel tempo ho perso. Come se il tuo saluto fosse tutti i saluti, tutti gli addii, tutti gli abbandoni del mondo, e te ne andassi senza fermarti insieme a tutta la gioia di questa giornata bellissima. E’ una sensazione sconosciuta, che mi spaventa, con cui non so confrontarmi. Ho rivissuto i miei distacchi parlandone a te, che hai saputo contenermi come forse nessuno finora, ti ho affidato parole e segreti imbarazzanti. Te ne vai anche tu, adesso.
Vorrei chiederti di restare, di venire con me una sera di più. Di smettere di guardare il portone di legno come avessi fretta e non sapessi come congedarmi. Vorrei chiedertelo tanto che le frasi mi salgono dal basso fino al petto, alle spalle, alla gola. Dirti di non lasciarmi sola, non mettermi di fronte la strada di casa, non fingere che tanto ci vediamo domani. Resto zitta.
Me lo ricordo, sai? Lo so perché non posso chiederti di restare. Potrei farlo anche solo per sentirmi dire di no, non sarebbe strano da me, neanche faticoso. Ma mi sono promessa, ti ho promesso che non l’avrei più chiesto: non ne ho la dignità né riuscirei a rivedere la faccia che fai, quando ti è difficile spiegarmi che non puoi. Hai ragione, tutte le ragioni: non puoi, a causa mia. Tu le vedi, le parole dentro la mia gola, le vedi sconfinarmi nello sguardo e non sai come reagire. Vorrei aiutarti e dirti che non è niente, di girarti e non starci a pensare, vorrei che passassi una bella serata facendo le cose ai tuoi ritmi. Resto zitta. Non so essere bugiarda fino a quel punto.
Ti stringerei tanto da non ricordarmi più il mio nome, continuerei a parlarti di tutto, ti permetterei qualunque domanda. Ma ti guardo andare via, come molte altre volte. E sei tutte le schiene voltate che ho visto in tanti anni, anche se cerchi, generosamente, di guardarmi finché non giri l’angolo. Combatto con la mia sensazione sconosciuta, con la bolla vuota che mi è rimasta.
Mi fermo dopo pochi passi. Non torni. Torno io allora. A casa mia.