mercoledì 30 maggio 2007

"Passerà questa pioggia sottile come passa il dolore"

Allora era quello il tuo cuore. Senza capirlo, né poterlo sapere, eri tu… ti ho sentita così forte, ho visto tutto prima di poter pensare, eppure in un angolo appuntito di me ne ero sicura. Il tuo maglione nero, ti ha tradito.
Vorrei nevicare su di te, cadere bianca e sfiorarti leggera, vorrei essere qualcun altro che ha più diritto di starti vicino. Vorrei consolare lo splendore del tuo sorriso e ritrovarne la dolcezza pura, quel ridere perfetto e spontaneo, quei movimenti che ti rendono bellissima, e una carezza. Sono chiusa nella morsa del tempo e del dovere, ma resterei immobile e in silenzio se servisse a capire, se mi aiutasse a respirare bene, se facesse passare tutta questa incredibile tristezza che soffoco senza ragione. Senza nessuna valida ragione al mondo.
My life’s bleedin’ and I can’t stop it ‘cause I don’t know exactly why.
A volte, e se ci penso mi fa tanta paura, arrivi a mancarmi. Arrivo a contare i giorni, le ore, e poi mi guardo negli occhi e rido di me per la mia puerilità. Perchè tu, tu e i tuoi gesti morbidi, tu e la tua maglietta gialla, non mi lasciate un attimo di allegria per me. Oggi no, tutti i giorni ma oggi no, non pensate niente di me, non chiedetemi di parlare, non cercate da me un sorriso né una lacrima. Voglio camminare a passo lieve fino alla fine di questa giornata. Voglio che questa confusione passi una volta per tutte. I miei libri e la mia lucidità, la concretezza del mio sapere, la mia voglia di fare.

Vorrei nevicare.

lunedì 28 maggio 2007

Congiunzioni (Il pianto)

Scriverei mille cose entusiastiche sui giorni passati a Siena, ma basterà guardare le foto per capire quanto siamo stati coinvolti e stupiti in tutta quella giostra luminosa e interessante... mi porta un sorriso il solo ricordo di quanto abbiamo detto, fatto e visto, e Firenze.
La verità è che oggi pomeriggio non potrei esprimere neanche lontanamente la mia allegria di quei giorni, perchè sono sul malinconico e suonerei falsa e formale. Scriverò invece gli appunti che ho preso in treno, sperando che messi pixel su pixel assumano un qualche significato.

26/05/07
<< E poi il pianto è triste e senza speranza, il pianto è gridare in altro modo la solitudine o la compagnia… Era così calda e forte, e una piccola mano, quasi una traccia involontaria di sé, quasi sorprendente e spaventosa
E la corsa e quanto avrei voluto, e lo sguardo spalancato e serio, ancora meravigliato, ancora non pronto per riprovare, un modo per fermare l’emozione. Questo è il superare, il ricordo di quel pianto che in fondo ci doveva essere, che sarebbe quasi mancato. La fine del tempo che ti hanno concesso, un pensiero che forse ti resterà per un poco… le lacrime di lasciarsi. Un bacio. Mille baci.

Il pianto, quando sono così presa da tanto vivere, è qualcosa di troppo disperato. Non piango quasi mai, per questo, sebbene muoia di batticuore e soffochi d’amore o di paura, di tanto in tanto. Il pianto è come un tradimento di me, è il mio dolore che non ce la fa a star fermo, oppure è la gioia sconfinata e incontrollabile di un film che guardo ad occhi spalancati sul divano, abbracciando un cuscino e pregando che uno sguardo o una carezza continuino per sempre. Il pianto è lo sgorgare inatteso di tutto ciò che dovrebbe uscire da me in un grido o una risata… è il profumo della mia fragilità, la mattina presto. >>

Bene, non crediate adesso che dopo aver scritto gli appunti ne abbia compreso il senso! Sembra che sia destinata a non raccontare mai le cose come mi succedono, ma con una serie di congiunzioni ripetute a ritmo che scendono sul foglio. Per adesso va così, accontentiamoci… sperando che per la prima prova d’esame torni a scrivere in italiano!


"Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre alla follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio -
è una barca che anela al mare eppure lo teme."


(E.L. Masters)

sabato 19 maggio 2007

Un malato di cuore

Francis Turner

I could not run or play
In boyhood.
In manhood I could only sip the cup,
Not drink –
For scarlet-fever left my heart diseased.
Yet I lie here
Soothed by a secret none but Mary knows:
There is a garden of acacia,
Catalpa trees, and arbors sweet with vines –
There on that afternoon in June
By Mary’s side –
Kissing her with my soul upon my lips
It suddenly took flight.


Questa è una delle tantissime poesie dell'Antologia di Spoon River, particolarmente dolce per il tema e per la sorte che Lee Masters ha riservato a questo suo personaggio. Questa è la poesia (o forse dovrei dire l'epitaffio) che ispirò a De Andrè la meravigliosa "Un malato di cuore", che riprende pari pari i versi originali, ma li amplia e descrive tutto quanto manca. Descrive la solitudine del malato, il suo trattenersi, e poi descrive la passione che l'ha ucciso come un amore delicato e d'emozione, un amore così intenso da non ricordare più "da quale orizzonte sfumasse la luce".
A parte questa, che comprensibilmente mi colpisce (poi... why Mary?), scopro che più sfoglio questo Masters, più mi piace! Trovo la sua idea geniale e la galleria di personaggi di Spoon River infinitamente ricca, come se la sua fantasia o semplicemente la realtà fossero così inesauribili da far creare ad un singolo uomo mille casi, mille storie così diverse.
Non ho molto da dire questo pomeriggio...che il mio cd è bellissimo era bellissimo ed ero davvero brava a mescolare le note lo sapevo fare ora non mi ci provo proprio sono così stanca così sola così scontrosa non voglio nessuno in questa casa lasciate che mi lasci prendere dalla trama del film lasciatemelo ascoltare rapita e curiosa anche quando tante scene mi sbattono sugli occhi come lampi di qualcosa di più verde e intenso e forse non più bello non ho deciso non ho voglia di pensarci non ho voglia di essermi utile nè di muovermi di qui ho tanti pensieri su tante persone sogno molto la notte e mi sveglio a metà e prendete la prima frase che vi attraversa la mente a scrivetela sul foglio non lasciate che intervenga la riflessione questi sì erano matti a me piace Shakespeare a me manca Shakespeare mi manca sapere che dopo di lui avrò miliardi di altre cose da studiare invece tutto si esaurisce mentre io sono via....
Mercoledì partiamo per Siena. E sono troppo stanca per immaginarmelo come sempre. ...shall I wear a red?

"Cominciai a sognare anch'io insieme a loro
poi l'anima d'improvviso prese il volo..."

giovedì 17 maggio 2007

Attese

L’aspettava da minuti lunghissimi. Con una scusa, con una giustificazione che sembrava valida persino a lei, credendo di ingannare sé stessa e di non sapere, in realtà, il motivo per cui non si muoveva. Oh, certo, lo sapeva, ma perché accusarsi così violentemente? Aspettava.
Dicendo di dover ripararsi dal freddo (ma con la giacca piegata sul braccio), guardava inquieta su per le scale, e poi all’angolo destro, e poi di fronte a sé, sperando di vederla arrivare… Nel frattempo la sua mente correva. Correva a casa. Correva al giorno dopo. Correva alle ore precedenti e, come sempre, alle sue fantasticherie. Non voleva pensare, con quel mal di testa, non doveva pensare, né ascoltare musica, né parlare, né guardarsi negli occhi. Aspettare, ancora qualche minuto… ti prego, esci. Ti prego, arriva.
Arrivò invece il secondo autobus, l’ultimo possibile per tornare a casa, e la sua stanchezza le impose di salire, di sedersi, di poggiare tutto il peso che si portava dietro. Finalmente riposo, pace, e fino a casa basta con tutto… guardò fuori dal finestrino, sollevata. E lì la vide.
Mentre l’autobus svoltava veloce, la vide uscire, guardare il sole, sorridere, poi camminare a passo svelto.
L’aveva aspettata per minuti lunghissimi. Ma forse, andava meglio così. Bastava quello.
Here she came now.

domenica 13 maggio 2007

Batticuore e gusto d'aluà

Oggi rischiavo di sentirmi male davvero. Tra una risata e l'altra, un politicare e un po' di pettegolezzo, tra una portata e l'altra del pranzo per la comunione di mio cugino... qualcosa mi ha soffocato. Un'oppressione forte sul petto, il cuore che perde ogni regolarità, l'aria sempre più a fatica nei polmoni, e l'immobilità, e ancora battere, battere, battere! Mi è sembrato una specie di attacco di panico, immotivato, un desiderio di scappare senza avere l'energia fisica per farlo, con le scarpe troppo scomode per correre fuori, via, ma poi via dove? Ho cercato, disperatamente, di capire perchè. E' di nuovo e sempre l'ansia, la corsa, la paura che mi scappino questi giorni così preziosi, oppure era solo stanchezza, aria consumata, pranzo fuori orario... e non ho idea. Però batteva, veloce, senza smettere.
Poco dopo (e chissà come) sono tornata a ridere e scherzare su non so cosa con i miei cugini, che io amo, che io adoro, perchè si sta sempre così allegri e così bene insieme, perchè si trova sempre la scemata che fa ridere e si parla anche seriamente e da persone intelligenti. Sono passata dall'impulso di fuga alla voglia di restare... senza più riuscire a razionalizzare, senza darmi una spiegazione. Importa così tanto, poi, capire?
Tornando, in macchina, ho visto un campo di grano alla mia destra. Vasto, libero. Il grano è giallo, me ne sono ricordata, e mi pareva troppo bello per lasciarlo lì, imparlato.

PS: oggi in fondo bisogna festeggiare, perchè la principessa Isabel ha decretato l'addio alla schiavitù! Sperando che ogni schiavitù possa essere combattuta, fermata, alleviata, contrastata... sempre!

sabato 12 maggio 2007

Nonsenso (ah yes)

Che se poi non avessimo qualcosa da fare sempre davanti a noi è probabile che non sapremmo neanche che farcene, di questi quattro secondi di vita. E se volessimo in questo mezzo istante volare da qualche parte andremmo sempre lì dove non dovremmo, o dove comunque non possiamo tornare... e poi mi sentissi così pesante e stanca e vuota mi capirei anche. E’ che non voglio muovere niente voglio questa musica a confondermi non metto a fuoco le parole vado come in un'infinita linea retta sottile nera che prende qualche spintone ogni tanto, mi verrebbe anche da pensare che mi vorrei bene per come mi batte il cuore ma poi mi dico non sei tu a controllare te ormai tutto ha potere sulla tua pelle sei una spugna avida che non sa come contenere troppe cose belle tutte in una volta. E sai come si chiama ora la memoria involontaria ti ci volevano vent'anni per capirlo, come quel burrocacao che tieni nascosto nel cassetto e usi come fosse prezioso perché il suo profumo ti regala per un attimo la corsia a elle del tmo basta che tu chiuda gli occhi è così facile… è così che vivevi, ricordi?
Sai cosa vuoi ma diventa sempre più lontano e sempre più difficile e poi smettila di pensare che è l’ultima volta altrimenti la forza quella che tutti ti hanno sempre detto che possiedi ma dove non lo hai saputo ancora non la troverai mai non prenderai mai la decisione di buttarti nella corsa per ciò che vuoi con la persona che ami non lo farai quindi basta respira e chiudi gli occhi parla ad alta voce ascoltati e impegnati grida se ti serve e tutto sarà finito in poco tempo. Mentre pensi e parli poi vorresti solo dire... don’t say goodbye. Solo la parola goodbye se la traduci addio risveglia quello che tieni a bada. Don’t make me think it’s the last time. Let me imagine, let me have my illusions: look at me, reassure me... let me remember you. Fa’ che mi resti qualcosa.

Ah yes I said yes I will yes.

venerdì 11 maggio 2007

Sense and sensibility... Sonia e tutto

Cara Sonia,
perché qualunque cosa faccia in questa casa creo problemi? Mi preoccupo di sollevare qualche peso dai miei genitori e invece pare io faccia il contrario generando ritardi e nervosismo. E giù coi rimproveri, giù con le occhiatacce, tutto il resto non vale. Non ne posso più.
E poi Sonia, veramente oggi no. Oggi ho fatto un compito di matematica che credevo impossibile (e nessuno se n’è preoccupato), e non ho dormito niente stanotte, oggi ho battuto Maurizio a ping pong, e sono stata buona, oggi non ce la faccio… il mio corpo è distrutto, stanco senza ragione, e anche la mia mente sventola bandiera bianca. Oggi non riesco proprio a conciliare “sense and sensibility”, come direbbe la Austen, sono irrazionale abbastanza ma non quanto gli ultimi giorni, e voglio qualcuno che si occupi di me, che pensi a me.
Questo pomeriggio esausto voglio scrivere a te, Sonia, perché sei una delle persone che hanno incrociato la mia strada e che si sono preoccupate per me… che si sono “premurate” per me, è la parola giusta. Penso ai giorni divisi lì a Bologna e alle nostre chiacchierate in cucina. Ma soprattutto scrivo a te perché una volta tu mi facesti una domanda, che ogni tanto ripongo a me stessa con curiosità o con tristezza: “Ma tu hai qualcuno che ti contiene?”. Una bella domanda veramente, poiché contenere non è solo “occuparsi di” o “aiutare” qualcuno, contenere è avvolgere in un abbraccio e dar calore e dar forza, capire, e ascoltare, stare lì quando serve, e telefonare ogni tanto solo per averne un sorriso silenzioso. Allora a questa domanda ti risposi di sì, e mi sono risposta di sì in diverse altre occasioni, di volta in volta modificando il volto della persona che mi conteneva, sempre sicura che quella sì, quella non mi avrebbe tradito, quella era la bellezza e il morbido cotone chiaro che volevo. E adesso non voglio neanche pensarci, a questa domanda, e non perché mi renda triste l’assenza di una persona così nella mia vita (ché forse bisogna diventare grandi anche da soli), ma perché mi suscita una serie di pensieri pieni zeppi di malinconia.
Penso molto ultimamente, cara Sonia, alla scuola che sto per lasciare, alle cose che faccio per l’ultima volta. Sorrido ricordando le tante immagini colorate e chiassose che ho vissuto in 5 anni, le gite a Napoli, le canzoni nel pullman, le imitazioni, la guida greca che ballava Dragostea con noi, le figuracce e gli errori, i momenti di vuoto e di nero. Tutto mi prende lo stomaco con forza, salendo come un nodo in gola, tutto mi farebbe piangere se non fossi così un po’ arrabbiata e insoddisfatta. Penso che mi farà sentire sola il fatto di non poter più andare ogni mattina in quella stanza, dove come in un tacito accordo prodigioso si incontrano le stesse persone, recandosi quasi spinte da una non-volontà incontrollabile ogni giorno nel medesimo posto e a ridere e a preoccuparsi delle stesse cose. È tutto così consolidato e armonico che quando si romperà mi lascerà sola, con qualche foto e forse molte lacrime da poter usare. Rifletto sulle persone che mi mancheranno, ripenso alla Doria che dice “I’m happier and happier” oppure “Va bene, ragazzi”, alla Penna che non ci arriverà mai, alla Di Carlo, alla Simone che mi guarda spesso malissimo ma di cui stranamente conservo una bella immagine, alla Sardella, alla De Mola, alla Dileo… quasi che lasciare la scuola implichi necessariamente il non vederle più.
Sonia, tu che sei esperta del settore, cosa vogliono dire i miei sogni, i miei pensieri senza più virgole, che significa la fretta angosciosa che mi prende? Non aspetto la tua risposta, ma provo a dirmelo da sola, che dire un addio non è mai per sempre, che alla fine nessuno muore, che ognuno può ritrovarsi, continuare.
Ti abbraccio forte, Sonia, questa lettera non ti arriverà però l’importante è averla scritta… l’importante è l’amore per tutto, l’importante è la memoria, l’importante è come eravamo e come siamo.
Un bacio, ti voglio bene
Lucky

domenica 6 maggio 2007

Flashback

("Occhi di falco ingabbiato, fratello amico perduto...")

Mi ricordo il dolore quand'era netto. Ricordo quando arrivava, senza preavviso, come una spada enorme che mi trapassava, come un pugno violento a mano nuda, dentro lo stomaco, in una qualche parte imprecisata del ventre, che mi guardava contorcermi completamente in suo potere, che mi possedeva e mi lasciava amaro in bocca. Lo ricordo, e ricordo chi sorridente mi veniva a svegliare quando tutto era finito, quanto l'antispastico aveva fatto effetto e le mie vene non tremavano più, e la mia stanchezza era riposata. Alzando la testa dal cuscino ero felice, sorridevo di pace... sorridevo alla finestra e al suo sole.
Quello era il dolore che preferivo, a conti fatti, perchè mi lasciava del tempo per pensare ad altro, per FARE altro. Era il periodo in cui "mi innamoravo di tutto": della colazione, di loro, dei loro volti, delle molecole che respiravo, dei nomi di ogni veleno dolce che assorbivo, dei libri, degli odori (ed è ogni volta quel profumo che mi frega, riportandomi sempre lì).
L'aridità venne dopo. I denti stretti, il sonno dell'oblio, la paralisi, il digiuno, il rifiuto di tutto...vennero dopo, quando il dolore non aveva più forma, quando la nausea pervadeva tutto, colori, pioggia, perfino quel mare che amavo tanto e che era così vicino a me, perfino il suo blu. La schiuma bianca contro l'ardesia. Il dolore subdolo aveva possesso su di me, come quello netto e preciso, con la differenza che era insaziabile, che non gli bastavano pochi minuti o poche ore: mi voleva tutta. E mi ha avuta tutta. Per mesi mi ha logorata, segnata, si è preso tutto di me, musica e lettura, parola, aspetto, anche il mio sorriso. Mi ha derubata.
Poi se n'è andato, ma lentamente, e tornando di quando in quando ad avvertirmi che esiste ancora e può ancora costringermi immobile. Forse ora non c'è più in me, continua a derubare altri bambini altrove... Esiste solo il suo ricordo, quello sì, me l'ha lasciato. Bastardo.

"Ricordo un angolo di cielo da una finestra
e notti insonni come un viaggio senza più destinazione..."


PS: Stanotte ho fatto un sogno tenerissimo su una persona che non avrei neanche mai dovuto sognare, o per lo meno non così. Portava un maglione nero... non riesco a dimenticare le sue braccia.