mercoledì 22 luglio 2009

Un'amica

Ci siamo conosciute un pomeriggio alle cinque e mezza e forse neanche ci siamo chieste i nomi. Poi è capitato che l’ho cercata con gli occhi e ritrovata centinaia di volte, tra le file di sedie delle aule, al settimo piano di una palazzina, tra i messaggi durante un viaggio. Grazie alla fortuna. Sono stati i mesi delle hit parade, in cui si parlava davanti al portone, i mesi in cui lei ha preso una decisione difficile e ci siamo barcamenate insieme tra le novità della vita universitaria. Invidio la sua pazienza che non mi ha mai lasciata sola.
Quando costruisci qualcosa a volte non te ne accorgi. Ti impegni per due anni a mandare avanti il gioco, saltando, ridendo o dando spallate, perché non usciamo?, ti fermi a dormire da me?... poi ad un certo punto ti volti, perplessa, e ti ritrovi un’amicizia in mano. Non lo so se me la sono meritata.
Ma so che con lei non mi vergogno, perché non mi ha mai giudicato, né gettato addosso le mie giornate nere o i miei vuoti: i difetti che mi riconosce, sono gli stessi che vedo anch’io, anche se fa sempre una gran fatica a farli notare; forse è l’unica che mi ha accettata senza fare nessuno sforzo. So che abbiamo un’ironia in comune, la necessità di sdrammatizzare in modo anche stupido, pur vedendo tutte e due l’aspetto serio di ogni cosa. So riconoscere una persona forte, nelle battute, nei silenzi, negli sguardi pieni di parole. A volte le è toccato esserlo per sé e per me. So che è stanca dei doveri, degli impegni, delle scadenze e dei miei alti e bassi, conosco il suo modo di (non) lamentarsi. Eppure tutto quello che è riuscita a fare, nel suo andare perseverante che continua senza far chiasso, supera esami, trova spazio per chiunque, mi rende enormemente fiera di lei. Cerco di imparare, di carpirle il segreto di tutta quella tolleranza, perché mi renderebbe migliore sapermi mettere da parte, somigliarle almeno un po’ .
Dividiamo film, peluche e qualche segreto importante, dividiamo ore ed ore ogni volta che una delle due lo propone: è di quelle persone generose che fanno eccezione, e che trovi sempre quando le cerchi, ha quella specie di dono senza cui ora mi sentirei smarrita. Perché quando penso a tutto questo tempo e mi chiedo cosa ho costruito, cosa mi rimane anche quando mi allontano, penso a lei. Ai suoi mille orecchini colorati, alla scrivania disorganizzata, al computer ribelle e alla sua risata. Penso ad ogni dettaglio che di me si ricorda e che conserva, attenta, al posto che ha nella mia vita e che malgrado le apparenze nessun altro può riempire.
Non ho nulla di buono da darle, ma un pomeriggio, alle cinque e mezza, l’ho fatta ridere di gusto. Non pensavo, in quel momento, di essere capace di fare una qualunque cosa, una qualunque piccola cosa, che fosse buona. Ma non mi sono trovata davanti regole o convenzioni, obblighi, tensioni: ho trovato una risata e una disponibilità infinita, un’autentica rarità. Ho trovato Fede.


Oh, mi è sfuggito un dettaglio!
Ti voglio bene chicaaaaaa :)


PS: In realtà questo post ha una maledizione voodoo...

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