sabato 19 gennaio 2008

Dal silenzio la tua voce (Paola Turci)

“Non esitare, vieni ed abbracciami
nonostante i miei silenzi
abbracciami”


Come se avessimo un’intesa segreta, io e questa voce, che non si racconta a nessuno e non si iscrive in un fan club. Smuove qualcosa che non so di avere, al fondo del petto, solleva. Come se stesse parlandomi all’orecchio, per quanto atroci siano le parole che usa (ti aspetterò, ti prenderò come un sorriso...) le sopporto senza singhiozzare, per una volta, quasi cullata amorevolmente da chi mi dice aspetta, da chi mi dice sta’ calma, passerà.
E’ stata una giornata così. Che poteva andare meglio ma ha preferito buttarsi sul letto e pensare troppo, com’è abituata. Si è tormentata di nuovo, da sola, come sempre. E questa voce adesso, che è tardissimo e dovrei dormire da ore, viene a tendermi la sua mano estranea a tutto, delicata e violenta. Viene a dirmi che non sa niente di quello che è successo, che non le importa. Mi racconta di mesi passati, quando si cantava insieme a casa mia, io e lei, quando le ho divorato dischi e ho passato pomeriggi interi con la stessa canzone. “Non avveleniamo la dolcezza che ci resta” mi dice, non preoccuparti, lo vedi che hai ancora qualcosa che non appartiene a nessun altro? Non sa, questa voce, che è stata spedita un giorno di sorpresa perché non fosse più solo mia, perché andasse a conoscere un’altra storia e la consolasse, perché l’avvolgesse e le rimanesse in mano, come qualcosa di nostro. E non so io cos’ha fatto, questa voce con il suo tocco, quando è arrivata lì, né se ha preso la forma di quel viso e di quella storia come un giorno ha preso la mia. Se almeno una volta li ha accarezzati.
Ma oggi ci riconosciamo, noi due, senza esserci mai viste. E lei mi riporta da me, dandomi del tu, con un sorriso confidenziale. Mi parla da donna fissandomi come negli occhi, sale e lentamente discende, usa cautela e timidezza, fa piano, m’invita. Dallo scaffale e dalla scrivania, dal cioccolato con la carta rossa. Da tutte le pagine che ho lasciato bianche per non saper più scrivere. Ruvida e tenera, mi parla. Mi chiede di non pensare, di ascoltarla soltanto, non mi chiede niente e mi dà ciò che non merito. Mi cancella dalla mente un viaggio a Genova, uno a Londra, a Parigi e in giro per la Francia, vent’anni di inesistenza, gli scogli.
Viene di nascosto un giorno che non me lo aspettavo, un giorno di ascensori e pianti, che ero sicura di non meritare niente. E resto rapita dalla stessa voce che mesi fa volava come un pensiero di strada. Che adesso viene ad abbracciarmi, unica al mondo, prima che chiuda gli occhi, sperando in cuor mio che domani ci sia ancora lei a darmi la buonanotte. Sperando, in cuor mio, di dimenticare tutto, per questa notte almeno.


"Ricordami di quel profumo che tu amavi
di arance e di rose, di amore eterno
Ricordami l’ingenuità disarmante
la dolce illusione di una promessa...
Non siamo qui, noi siamo altrove
è più facile dimenticare"

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