martedì 29 gennaio 2008

Playing love (-eri tu-)

Era un minuto che non finiva mai. Le mani strette, una sensazione liquida e prepotente, calda, un’invasione. La scomparsa delle domande, il buio e un leggero brivido veloce, ovunque. Non chiedermi cos’era, perché io lo ricordo così bene che userei parole a milioni, come sai. Invece non era niente. Eri tu.
Erano tue le parole non tue della tua grafia, nera, aperta, accogliente. Eri tu un passo piccolo, un abbraccio lunghissimo alla luce del sole, un pugno sulla testa perché sono ostinata e non capisco, ma ridendo. Ridere col naso arricciato, come un timido solletico su tutta la pelle.
Eri tu una corsa. Cento corse senza fiato, senza avere realmente paura di non fare in tempo, perché non contava fare in tempo dopo averti lasciato. E ancora eri una corsa per le scale, e un salto di gioia, e musica. Eri tutta la musica, che ti giocava addosso portandoti lontano o lasciandoti tra le mie braccia. Sulle tue dita svelte, sui capelli, eri la musica che “impazzisce di bellezza”. A cui non osavo avvicinarmi cantandola io.
Che non eri solo allegria, questo sì, questo lo so. Ma per me eri un unico pianto, uno solo, senza parole. Eri il pianto che la mia spalla ha provato ad arginare, che ancora mi commuove per la tenerezza di averlo potuto racchiudere intero, un pomeriggio presto, che ti avrei portato via subito, adesso, con me. (Ma come dirtelo?). E poi tutto il tempo tu sorridi. Io ti guardo spaesata, e non penso. Non ho le parole giuste.
Eri tu se ho avuto paura. Eri la parola che mi ha fatto sentire viva, d'improvviso, eri “resta, resta qui”. Ed eri quello che ho trovato, per caso, una sera, mentre già pensavo di andare a letto. Mentre capivo qualcosa di colpo per poi accorgermene mesi dopo. Ma chissà se lo sai.
Tu eri quando guardavamo in alto, senza sapere esattamente come stavamo, cosa eravamo, se stesse per nevicare. Avevo il tempo contato, pur sapendolo con anticipo. Ed alla fine di quel tempo, tu eri avvicinarsi ancora un secondo, per un bacio sulla guancia, prima di andare via l’ultima volta.

Perché non sono riuscita a fermarti un attimo di più? E se eri veramente tutto questo (e lo eri, e tantissimo altro), dove sei? Così altrove che temo di avere immaginato. Dove sei?
Non importa. Perché in ogni caso, alla fine di quel tempo troppo breve, hai scelto di andare via. Ed è una solitudine priva di senso continuare a pensare a quando eri tu. A quando ti guardavo, semplice, impazzire di bellezza.

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