mercoledì 6 giugno 2007

I knew I loved you

Da stamattina sono in uno stato d’animo incantevole: potrei diventare qualunque cosa da un momento all’altro, la persona più serena del mondo, la più infelice. Ridere a fior di labbra, farmi male. Era tantissimo tempo che non sentivo come inizia a piovere; scappando dall’ennesimo caffè familiare, mi sono chiusa in camera degli ospiti e affacciata alla finestra: la prima, la seconda, e poi decine di piccole gocce giù dal cielo, piano, quasi a non voler disturbare. Sugli alberi, sulla mia mano, acqua appena tiepida e bianca, con un rumore leggero ma uguale. È infinitamente bello, quando inizia a piovere.
Quando mi sono svegliata non era ancora tempo di studiare (ma arriverà, questo tempo, o devo farmi violenza?) e ho passato le ore a svuotare lo zaino, come faccio ogni volta che devo partire. C’erano dentro ancora due scontrini per Ilaria, non ho avuto cuore di buttarli, li ho chiusi nel diario col biglietto dell’autobus e la fotocopia rimpicciolita del Cubismo. Ed ho la mente limpida, vuota, azzurra. Sorrido stranita, e sfoglio i quaderni che non mi servono più, selezionando ordinata i fogli per gli esami e quelli da mettere da parte. Tutto è così pacifico, così lento, oggi.
A volte mi capita di vivere solo per una persona, un ragazzo, una donna, un amico. Allora mi sento gelare. Mi guardo senza vedermi, fisso i miei occhi marroni senza pensarmi e mi mordo il cuore a immaginare quella persona così lontana e i miei doveri. Soprattutto, le tante cose che quella persona non saprà mai, e che io penso di lei. Il mio egocentrismo. Persone così belle che attirano a sé, che le riempiresti di baci e di sorrisi e di parole per tutta la vita.
E la felicità è una strada rettilinea illuminata da fari arancioni.
Le tue labbra sempre piegate in quella curva sul lato destro, che rende il tuo parlare delicato e lieve, accomodante. Sto per imparare, me lo sento, ad andare avanti, coi capelli legati che mi fanno sembrare grande, seduta in un bar, a pensare al futuro. Oh, ridemmo molto, sì! Risi perchè non sapevamo cosa volesse dire una parola. Risi perché l’avevi ammesso. E ridemmo, ancora, quando dissi che mia sorella era matta… andò bene. “The hands of time would lead me to you…” La dovresti ascoltare, questa canzone, perché è bella e te la meriti. Ti meriti tutti i baci, i sorrisi e le parole che non posso darti.


«Oggi non era un giorno di parole, con mire di poesie e di discorsi, né c'era strada che fosse la nostra. A definirci bastava solo un atto, e visto che a parole non mi salvo, parla per me, silenzio, ch'io non posso»

(Josè Saramago)

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