domenica 15 luglio 2007

Però stai bene dove stai

“L'uomo che cammina sui pezzi di vetro
dicono ha due anime e un sesso
di ramo duro in cuore
e una luna e dei fuochi alle spalle
mentre balla e balla
sotto l'angolo retto di una stella”


Stamattina, quando ho aperto gli occhi, ho visto che avevo la mano spalancata verso l’alto, poggiata sul copriletto. Mi sono ricordata di un gesto bellissimo che faceva Elda per svegliarmi: metteva la sua mano mezza chiusa nella mia e ne accarezzava piano il palmo, perché io non mi spaventassi dell’arrivare di quella nuova mattina e di tutto quello che mi aspettava. Solo con lei mi riusciva di iniziare a parlare immediatamente dopo essere uscita dal sonno, rinunciavo al broncio crucciato che ho in genere e mettevo su il miglior sorriso che avessi a disposizione. Del resto era impossibile non farlo davanti a quegli enormi occhi marroni… quanto di più spontaneo avessi, per chi mi chiamava con quel nome tenerissimo. Mi raccontava tante delle sue disavventure, mentre lavorava…
E quel ragazzo dopo sei anni è ancora lì, a danzare su pezzi di bottiglie rotte, disegnato come le illustrazioni del Piccolo Principe: con un vestito azzurro, le guance rosee, con la sua stella giallo brillante che gli fa da soffitto. Una stella e il soffitto, vero? E’ il ragazzo dei pezzi di vetro di via Paolo Fabbri.
Erano le sere che mi telefonava Angela, perché mancava poco e lei voleva sentirsi presente, e ogni volta qualcosa dentro mi si capovolgeva al sentirla. Ma quello che veramente mi piaceva era che quel pavimento di legno così tiepido, quel letto improvvisato nel salotto disadorno, mi ricordavano del presente e delle persone che avevo appena incontrato e mi facevano pensare meno a lei. Stavo già guarendo da lei?

“Quando vedi che non si taglia, già lo sai
ti potresti innamorare di lui
forse sei già innamorata di lui
cosa importa se ha vent'anni...”


Il cielo non diventava mai nero del tutto. C’era come un chiarore rosa scuro a mantenerlo offuscato, mi opprimeva. Eppure perché ne ho un ricordo così ampio e bello? Vivevo con una nuova famiglia e mi sentivo perfettamente a casa, potevo perder tempo a passare la spugna in cucina, portare il cane a spasso e rifarmi il letto, quasi non mi sembrava vero… E poi c’era Sonia e i nostri discorsi, lei mi chiedeva poche cose e me ne raccontava molte ma sapeva starmi ad ascoltare, sembrava che sorridesse come chi ha capito tutto della persona che ha di fronte però vorrebbe togliersi qualche curiosità, ed io non desideravo altro che parlare! Preziosa, Sonia, e ancora non è cambiata affatto. Avevo gli alberi alti che facevano ombra, di mattina, dovevo bere tantissimo e lo odiavo, ma non riuscivo a far vincere il malumore su quella strada. Un autunno del genere forse non l’ho più vissuto! Non avevo portato neanche la macchina fotografica, invece poi le foto che ho di lì sono tra le più belle: giorni sulle nuvole.
Certe volte ti immagino passare lì sotto con lo zaino dell’università, tu che guardi dritto davanti a te con quella canzone che ti dà grinta, ti vedo perché sento ancora l’aria fresca di settembre, un’aria da giubbotto leggero.
Inizio a camminarti vicino, da lontano.

“Lui ti offre la sua ultima carta
il suo ultimo prezioso tentativo di stupire
quando dice è quattro giorni che
ti amo, ti prego non andare via
non lasciarmi ferito
E non hai capito ancora come mai
hai lasciato in un minuto tutto quel che hai
... però stai bene dove stai”

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