venerdì 11 maggio 2007

Sense and sensibility... Sonia e tutto

Cara Sonia,
perché qualunque cosa faccia in questa casa creo problemi? Mi preoccupo di sollevare qualche peso dai miei genitori e invece pare io faccia il contrario generando ritardi e nervosismo. E giù coi rimproveri, giù con le occhiatacce, tutto il resto non vale. Non ne posso più.
E poi Sonia, veramente oggi no. Oggi ho fatto un compito di matematica che credevo impossibile (e nessuno se n’è preoccupato), e non ho dormito niente stanotte, oggi ho battuto Maurizio a ping pong, e sono stata buona, oggi non ce la faccio… il mio corpo è distrutto, stanco senza ragione, e anche la mia mente sventola bandiera bianca. Oggi non riesco proprio a conciliare “sense and sensibility”, come direbbe la Austen, sono irrazionale abbastanza ma non quanto gli ultimi giorni, e voglio qualcuno che si occupi di me, che pensi a me.
Questo pomeriggio esausto voglio scrivere a te, Sonia, perché sei una delle persone che hanno incrociato la mia strada e che si sono preoccupate per me… che si sono “premurate” per me, è la parola giusta. Penso ai giorni divisi lì a Bologna e alle nostre chiacchierate in cucina. Ma soprattutto scrivo a te perché una volta tu mi facesti una domanda, che ogni tanto ripongo a me stessa con curiosità o con tristezza: “Ma tu hai qualcuno che ti contiene?”. Una bella domanda veramente, poiché contenere non è solo “occuparsi di” o “aiutare” qualcuno, contenere è avvolgere in un abbraccio e dar calore e dar forza, capire, e ascoltare, stare lì quando serve, e telefonare ogni tanto solo per averne un sorriso silenzioso. Allora a questa domanda ti risposi di sì, e mi sono risposta di sì in diverse altre occasioni, di volta in volta modificando il volto della persona che mi conteneva, sempre sicura che quella sì, quella non mi avrebbe tradito, quella era la bellezza e il morbido cotone chiaro che volevo. E adesso non voglio neanche pensarci, a questa domanda, e non perché mi renda triste l’assenza di una persona così nella mia vita (ché forse bisogna diventare grandi anche da soli), ma perché mi suscita una serie di pensieri pieni zeppi di malinconia.
Penso molto ultimamente, cara Sonia, alla scuola che sto per lasciare, alle cose che faccio per l’ultima volta. Sorrido ricordando le tante immagini colorate e chiassose che ho vissuto in 5 anni, le gite a Napoli, le canzoni nel pullman, le imitazioni, la guida greca che ballava Dragostea con noi, le figuracce e gli errori, i momenti di vuoto e di nero. Tutto mi prende lo stomaco con forza, salendo come un nodo in gola, tutto mi farebbe piangere se non fossi così un po’ arrabbiata e insoddisfatta. Penso che mi farà sentire sola il fatto di non poter più andare ogni mattina in quella stanza, dove come in un tacito accordo prodigioso si incontrano le stesse persone, recandosi quasi spinte da una non-volontà incontrollabile ogni giorno nel medesimo posto e a ridere e a preoccuparsi delle stesse cose. È tutto così consolidato e armonico che quando si romperà mi lascerà sola, con qualche foto e forse molte lacrime da poter usare. Rifletto sulle persone che mi mancheranno, ripenso alla Doria che dice “I’m happier and happier” oppure “Va bene, ragazzi”, alla Penna che non ci arriverà mai, alla Di Carlo, alla Simone che mi guarda spesso malissimo ma di cui stranamente conservo una bella immagine, alla Sardella, alla De Mola, alla Dileo… quasi che lasciare la scuola implichi necessariamente il non vederle più.
Sonia, tu che sei esperta del settore, cosa vogliono dire i miei sogni, i miei pensieri senza più virgole, che significa la fretta angosciosa che mi prende? Non aspetto la tua risposta, ma provo a dirmelo da sola, che dire un addio non è mai per sempre, che alla fine nessuno muore, che ognuno può ritrovarsi, continuare.
Ti abbraccio forte, Sonia, questa lettera non ti arriverà però l’importante è averla scritta… l’importante è l’amore per tutto, l’importante è la memoria, l’importante è come eravamo e come siamo.
Un bacio, ti voglio bene
Lucky

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