sabato 25 agosto 2007

Santu Paulu meu de le tarante (Parte II)

La frase più ricorrente di questi giorni salentini è stata: “Ragà, ci siamo persi”
Sembrava una sorta di congiura dello stradario, per cui ad ogni incrocio e ovunque avessimo deciso di andare, ci perdevamo matematicamente! Allora, uno chiederebbe: ma ce l’avevate una cartina? E la risposta è, naturalmente: non una, ne avevamo TRE, tutte dettagliatissime…
La scena quotidiana, qualunque spostamento fosse, era identica. Mettiamo per esempio che stessimo cercando di arrivare a Tricase: dopo aver girato per km su strade sempre più isolate, sterrate, abbandonate, attraverso paesi tutti uguali che hanno cinque case e una piazza e fanno Comune, con mia cugina alla guida che non vede l’ora di tornarsene a Civitavecchia dove conosce ogni anfratto, troviamo un cartello con il nome che cerchiamo da ore: manco avessimo visto la Madonna! Tricase! Finalmente si scioglie un po’ la leggera tensione e cominciamo a cantare in macchina, con l’mp3 collegato alla radio, qualunque canzone capiti...
Ovviamente, trattasi di mera illusione! Arrivati al bivio successivo vediamo una ventina di cartelli blu, e fiduciosi cominciamo a leggere: Casarano, Barbarano, Miggiano, Ruffano, Neviano, Corsano… tutti uguali – e di Tricase neanche l’ombra. Prendiamo una direzione totalmente a caso, perché sulla cartina non ci ritroveremo mai, e chiediamo indicazioni alla prima persona che troviamo: “Scusi, per Tricase?” e quella, puntuale “Guardate, è FACILISSIMO -…mmmh… già i primi dubbi - dovete andare qui a destra, poi giù e poi fù”. La domanda sorge spontanea: a destra e dritto giù ci si arriva, ma FU’?! Cosa avrà voluto dire?!
Insomma, tutta così la storia, alla fine si arrivava con duecento ore di ritardo ma dopo aver riso fino a scoppiare! Questa è la meraviglia di certe compagnie spensierate, estive, che tanto poco mi capita di frequentare, e per le quali la domanda meno ricorrente è “Che ore sono?”, perché chissenefrega del tempo che passa, se è mattina o pomeriggio per andare a mare, che importa a che ora inizia il concerto, se albeggia e sono al telefono a morire… nessun tempo, tutto il tempo che voglio. Nessuna ansia, preoccupazione, passo furtivo, tutto così miracolosamente spontaneo e spensierato!
Sì, il Salento mi ci voleva, forse solo per allontanarmi da casa, forse per ricordarmi che è stupendo ridere di gusto tra ragazzi, un’imitazione, una cavolata, persone nuove, cantare in macchina…
Sì, il Salento mi ci voleva, portandoti con me.

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